Un pezzo importante della Brand image sul web, come anche nel mondo offline, che permette di aumentare l’appeal e le vendite dei tuoi prodotti, passa attraverso la fotografia ed i video.
In questo articolo scoprirai tutti i segreti per creare una comunicazione visiva professionale, le differenze tra le varie tipologie di foto ed il perché farle in maniera troppo semplicistica potrebbe nuocere al tuo Brand ed alla relativa visibilità online, che si tratti di e-commerce o di “semplice” esposizione del prodotto.
In ottica di miglioramento della comunicazione visiva, le possibilità di creare foto di qualità, in maniera autonoma le conosciamo tutti, ma quali sono le differenze importanti tra queste e quelle fatte da un fotografo professionista?
Attenzione non sono un fotografo professionista ma come tanti nutro una passione dettata dal fatto che è stato il mio primo lavoro, in età adolescenziale e dal fatto che nel mio attuale lavoro sono sempre a stretto contatto con il mio amico e collega Fotografo Roberto.
Cos’è la Brand image: definizione con premessa
Per fare Branding è necessario partire da un prodotto o servizio eccellente e aggiungere ai benefici tangibili (quelli trovati dal marketing che soddisfano un bisogno o un desiderio), i benefici intangibili: le emozioni, lo scopo profondo, l’identità, i valori.
Poi, attraverso una comunicazione appropriata, far si che il prodotto, con le sue caratteristiche tangibili e intangibili, diventi conosciuto presso il target (brand awareness) e far si che l’esperienza del cliente sia coerente e costante, sia nel tempo, che nello spazio. Quindi, di fatto, per definire al meglio la Brand image possiamo dire che in ciascuno dei momenti di contatto fra cliente e prodotto/servizio è necessario che l’immagine del Brand sia coerente ai benefici tangibili ed intangibili.
Uno degli argomenti di cui abbiamo discusso con Roberto e che causa dibattiti sui social, è quello relativo a foto e video utilizzati per campagne pubblicitarie da Brand noti e meno noti.
Da tempo è in atto (e penso lo sarà ancora per molto) una vera e propria guerra mediatica tra:
- quelli pro “CREATIVITÀ”
- quelli contro la “CREATIVITÀ”
Schieramento di fantasia
I “pro creatività” affermano che qualsiasi lavoro deve lasciare ispirazione al creatore (in questo caso al fotografo) di esprimersi. In genere amano la definizione “Bene o male pur che se ne parli”
Dalla parte della ragione
I “contro la creatività”, dicono che un immagine o video che sia, deve contenere un messaggio specifico per un pubblico specifico o meglio ancora deve contenere quella che viene definita la Reason why
A cosa serve la Reason why e quando si incrocia con la Brand image
Serve a dare risposte alle domande che tutti noi ci facciamo in fase di decisione di acquisto, tipo:
- Perché mi piace questo prodotto/servizio piuttosto che un altro?
- Perché mi serve?
- Perché mi sembra migliore in termini qualitativi?
- Perché offre un migliore vantaggio dal punto di vista qualità/prezzo?
- Perché preferisco questa marca?
Ti starai chiedendo: in che modo un video (anche uno spot pubblicitario) o una fotografia, consentono di dare risposte a queste domande? Continua la lettura e lo scoprirai.
Guardiamo il tutto sotto 3 punti di vista
- Punto di vista tecnico
- Punto di vista creativo
- Punto di vista social
Il punto di vista tecnico
Una fotografia, come anche un video, possono essere utilizzati per vari scopi e come spesso accade è il mondo della moda a guidarci.
Quindi, prendiamo il mondo della moda come esempio, ma se possiedi un azienda che realizza infissi, piuttosto che uno studio dentistico o un azienda operante nell’industria 4.0, le cose non cambiano.
In ambito moda, gli addetti ai lavori sanno che un immagine può avere varie declinazioni: infatti ne esistono diverse, ad esempio: Still life, Pubblicità, Industriale, ecc…
“Piccola nota: non capisco perché in altri settori (a differenza della moda) la brand image non abbia rilevanza per alcuni imprenditori, tranne che magari nel food.”
Durante gli shooting un fotografo lavora con una serie di collaboratori possibilmente fissi. Si occupano del trucco, parrucco, dello styling, l’art director, assistenti, addetti al set “costruzione delle scenografie” e qualcuno che si occupa delle pubbliche relazioni con i modelli e gli influencer.
Inoltre, visto che stiamo parlando del punto di vista tecnico, il fotografo in questione potrebbe essere focalizzato in un settore specifico ed in una disciplina particolare. Esistono fotografi di moda, Reportage, Food, Glamour, Beauty ed appunto riconosciuti magari per essere i più bravi nel realizzare foto ritratto piuttosto che foto a prodotti alimentari.
Il punto di vista creativo
Il lato creativo è o dovrebbe essere nelle mani del fotografo a cui è stato detto in che modo il Brand deve apparire nelle varie declinazioni di cui sopra, il modo in cui allinearlo è fornendogli il brief di comunicazione che a sua volta è frutto della Brand Strategy.
Quando nella parte creativa subentra la mano pesante di un rappresentante dell’azienda o qualcuno che si occupa di altro nella vita, la creatività del fotografo viene spenta e con lei la possibilità di fare un lavoro coerente. Non trovi?
“La creatività non la si compra al mercato e non è quella cosa che soddisfa unicamente l’ego di chi crea ma, la massima espressione di un tipo di comunicazione.”
Come dice il mio caro amico Roberto e come dico anche io “Non confondete la creatività in pubblicità con il lavoro di ricerca artistico” sono 2 sport diversi con 2 obiettivi diversi.
Ho preso l’immagine che vedi appena sopra, inserendo come chiave di ricerca in google immagini “fotografia creativa” ed ho selezionato quella che più mi piaceva, perché attenzione io amo anche la fotografia creativa. Ma se dovessi chiedermi cosa vuole rappresentare potrei dirti qualsiasi cosa, tipo:
– Parigi è bella anche quando piove!
– Guarda che salto quel tizio
– aaa l’amore che bello, magari un weekend romantico a Parigi…
– Che ombrelli di merda hanno?
E chissà quante altre interpretazioni gli avrai dato tu.
Il punto di vista Social
Marcelo Burlon County of Milan ospite di Albertino
Pubblicato da Radio Deejay su Lunedì 27 novembre 2017
I social, lo sappiamo, hanno aumentato la portata della comunicazione delle aziende, ne sono l’esempio i Brand Marcelo Burlon e Chiara Ferragni.
Le immagini ed i video che le aziende producono hanno la possibilità di arrivare ad un pubblico notevole, anche senza un budget importante a disposizione, un video pubblicizzato tramite Facebook Ads potrebbe raggiungere migliaia di persone con poche centinaia di euro.
Mi sembra ovvio quindi che sarebbe meglio mettergli il “vestito migliore” come dice una canzone di Ligabue, nel caso lo si volesse utilizzare, ed ovviamente comunicare qualcosa di importante per il cliente e non per l’ego di chi il vestito lo deve cucire, o no?
Mettiamoci anche che, in un piano editoriale che serve a riempire un anno di pubblicazioni sui social è necessario disporre di un bel po’ di materiale e dimmi se la parte fotografica e video non serve a far diventare grande un brand.
L’insieme di queste cose consente di creare NEL TEMPO una strategia di comunicazione online ed offline coerente con la visual identity aziendale.
Prendiamo un caso che ha fatto molto discutere, lo so ne hai piene le scatole ma è un caso emblematico.
Buondì ha avuto un ottimo riscontro sui Social è anche inutile parlarne, ma… c’è un ma
La campagna televisiva ha spinto le persone a parlarne sui Social ma, come spesso accade, solo per pochi giorni, pochi giorni. Migliaia di € per pochi giorni?
Stessa sorte per il profumo Kenzo
Ok sì avete ragione è un modo per lanciare/rilanciare il Brand e/o il prodotto, ma perché non mantenere una linea di crescita costante? Perché accontentarsi di pochi giorni di notorietà?
Perché non lanciare assieme allo spot la tua Promessa?
Datemi una risposta sensata e torno a pettinare le bambole.
Ritornando alla discussione nata tra addetti ai lavori su cosa uno spot video o un immagine deve comunicare, io mi schiero dalla parte di quelle aziende che sfruttano la comunicazione per rafforzare la loro identità ed il loro posizionamento nella mente del cliente.
Non ho mai condiviso, neppure quando di marketing ne sapevo qualcosa in meno, il fatto che la comunicazione deve lasciarmi con la domanda:
chissà cosa avranno voluto dire? O con l’affermazione “Bene o male pur che se ne parli”
È come se ti dicessero che tua figlia è una poco di buono e tu gli rispondessi: “Si però lei è contenta perché ne stai parlando e se lei è contenta lo sono anche io…” quando magari ci stai morendo dentro.
Quando vedi un immagine o un video e non ne capisci l’obiettivo, prova a chiedere a chi lo ha guardato con te cosa ne pensa, magari sei con più persone, chiedigli che reazione comporta in lui/lei. Se NON otterrai risposte soddisfacenti è perché semplicemente lascia ampio spazio all’interpretazione o alla sensibilità di ogni individuo e quindi non ha comunicato nulla.
Mentre, esiste la possibilità di parlare ad uno o più archetipi, perché non dovresti sfruttarla?
Ciò detto, qualcuno parlava di pubblicità memorabili che se ne fregavano della Promessa e che comunque ricordiamo anche oggi a distanza di anni grazie al jingle o ad una canzone.
Ecco, lì andiamo su un altro sport, che viaggia in parallelo e volendo a braccetto.
È musica cavolo, ricordiamo Despacito perché è orecchiabile, ricordiamo Nel Blu dipinto di Blu (Volare) perché è quasi un inno alla vita.
Ma magari la tua azienda riuscisse ad avere un jingle come quello di Mc Donald piuttosto che quello di Amaro Averna o della Fruit Joy e riuscisse a mantenerlo attivo per tanti anni fino a farlo imprimere nella mente del consumatore. Una sorta di Sound of Brand utilizzato in passato (credo consapevolmente) e rivisto in chiave moderna.
In cui magari i testi parlano del Brand, della sua identità, del suo posizionamento, anziché prendere in prestito musica ad cazzum come vediamo ad esempio nei meeting motivazionali, non trovi?
In definitiva la Promessa, gli archetipi, l’immagine fotografica e video, la visual identity, la comunicazione interna ed esterna della tua azienda, sono il risultato della Brand Strategy, l’abbiamo creata per te.
E a proposito di Archetipi e di Brand, magari ti è sfuggita la pagina interna del sito in cui parliamo del libro “L’uomo non osi separare quello che l’Archetypal Branding unisce”.