Aumentare le vendite è l’obbiettivo di tanti imprenditori, ma cosa succede quando il prodotto è una commodity?
Questo articolo, con molta probabilità, interpreta la situazione attuale di molti mercati, ma è indirizzato a 2 tipi di imprenditori:
- quelli che possiedono un Brand nel settore moda
- quelli che sono titolari di un negozio di rivendita di questi prodotti
Cosa li accomuna? Il profondo bisogno di aumentare le vendite.
Premessa
Le sensazioni e la lettura che ho io di questo mercato vengono da una sensibilità e da competenze equiparabili a quelle di chi nel settore, ci opera da sempre.
Come faccio ad affermarlo? Semplice, chiedo, faccio interviste approfondite, mi documento!
Vivendo in una zona dell’Italia un tempo florida di aziende nel settore magliaio e calzaturiero, ne ho sempre seguito le vicende sia perché ci ho lavorato e sia perché persone a me care ci lavoravano ed in piccola parte ancora ci lavorano.
Dico “un tempo florida” perché è ormai noto a tutti quello che è successo e che ha portato sempre più aziende del settore a chiudere o a migrare verso altre nazioni come Albania, Cina o altre, delocalizzando la produzione.
Il fatto di aver avuto a che fare con imprenditori in questi settori, prima come semplice operaio (i miei primi lavori estivi da studente) e poi come consulente Marketing per Brand e per negozi di abbigliamento, mi ha permesso di vedere dall’interno le lacune del settore e di chi in questo opera.
Ci sono 2 cose che difficilmente riuscivo ed ancora oggi ho difficoltà a digerire.
La prima è il modo di investire in pubblicità di molti brand del settore.
Anche quelli nati da poco tempo, tendono ad investire ingenti somme in sistemi pubblicitari d’immagine ovvero in quel tipo di pubblicità con ritorno NON misurabile o misurabile solo dopo molto tempo.
Come scritto in altri miei articoli e come ovvio che sia, sarebbe più intelligente allocare budget su riviste, TV, radio, cartellonistica e fiere, solo una volta che il Brand si è consolidato, perché farlo prima ne può compromettere seriamente le sorti.
Molti hanno chiuso i battenti dopo pochi anni dalla nascita, proprio per via di queste ingenti somme spese in pubblicità in TV nazionali, piuttosto che su riviste cartacee di un certo livello, li ho visti con i miei occhi.
Anche (e soprattutto) per questo resto letteralmente allibito quando vedo Brand neonati, piuttosto che consolidati, destinare migliaia di euro a favore di blogger e/o influencer (che in qualche modo associo ai media sopra elencati), parliamo di cifre come 2/3.000 euro a scatto in alcuni casi (sì lo so che ci sono influencer che costano anche di più), ma che non hanno nessuna strategia di marketing alla base.
Intendo dire che l’immagine che ritrae l’influencer di turno con addosso il prodotto può anche esserci, ma in un contesto più ampio all’interno del quale si tenga conto, tra le tante altre cose, anche:
– se è chiaro quale è l’archetipo che vesti con il tuo capo
– in quale categoria di mercato si posiziona il tuo capo
– quali sono i competitor diretti e come si muovono
– quali sono i canali di vendita maggiormente presidiati
Ma soprattutto in che modo all’interno di un piano di marketing, comunichi il fatto che l’influencer o la blogger ha indossato il tuo capo.
Ti chiedo: ti sembra normale spendere 3.000€ per far indossare il capo per poi comunicarlo semplicemente con un post sui social, magari senza neanche sponsorizzarlo?
No, non lo è. Non è normale il fatto che si utilizzino budget di questa entità e magari non possedere un catalogo, un sito, una gestione anche basilare delle e-mail ecc… e non avere quindi un metodo che permetta di comunicare coerentemente il fatto che l’influencer e/o la blogger hanno indossato il tuo prodotto.
In sostanza l’investimento è troppo sbilanciato verso campagne d’immagine ed è troppo misero (se non pari al niente) per la strategia di branding e di marketing.
Un’esempio pratico l’ho trovato qualche anno fa.
Raccontavo del Brand Coconuda che investiva migliaia di €uro in pubblicità durante Sanremo 2015 per poi scoprire che il sito internet, tra le tante mancanze, non possedeva i collegamenti a molti dei social, aperti e non attivi, frequentati dal target a cui si rivolgono, mentre ora a distanza di un paio di anni l’icona c’è ma non è collegata a nessuna pagina (Facebook) e la gestione è ancora pessima.
Dove pensano siano andati i Fan del marchio una volta vista la pubblicità durante Sanremo?
Dove pensano vadano gli acquirenti o potenziali tali dopo che hanno scoperto i loro capi nei vari punti vendita?
Sui social ovviamente per creare il primo contatto.
La seconda riguarda la scarsa attitudine a fare squadra.
Come avrebbero potuto difendersi le aziende dalla concorrenza spietata “spesso creata dalle aziende Italiane stesse” e cosa potevano fare per non delocalizzare la produzione?
Aumentare le vendite facendo squadra, magari attraverso delle joint venture
Avrebbero potuto unire le forze, creare un Brand Unico in una determinata categoria (che sia esse in ambito abbigliamento o calzaturiero), antifortunistica, sportiva, lusso o altro, o magari acquisire un Brand in difficoltà per rilanciarlo e non aspettare che lo facesse qualcun altro.
Guardate un po’ qui i marchi acquisiti (non solo in ambito moda) da Louis Vuitton S.A, ce ne sono alcuni Italiani.
Un gruppo che ha deciso di acquisire marchi noti nel mondo del lusso e che fa soldi veri.
Cosa ci insegna questo? Politica a parte.
Che il mercato si divide tra prodotti di marca e commodity.
Le commodity in questo caso sono rappresentate dai negozi plurimarca ed in alcuni casi dai franchising. In genere per ognuno di questi due mercati esiste un Target di riferimento e delle abitudini di acquisto.
Cosa intendo precisamente?
Prodotti di marca
I prodotti di marca vengono acquistati oltre che per il valore oggettivo (il prodotto stesso), un valore EMOTIVO, che è quello che gli viene attribuito dal marketing che fa l’azienda. I consumatori associano a una marca un significato che va oltre al prodotto stesso.
Giusto per citare un esempio sotto gli occhi di tutti i maschietti, quante volte vi è capitata la richiesta, da parte della vostra dolce metà, di ricevere in regalo una borsa firmata di 1 Classe, Gucci o di altri Brand famosi?
Che differenza c’è tra una borsa ai mercati generali ed una borsa FIRMATA? Ve lo siete chiesto più di una volta, e vi siete dati anche la risposta suppongo?
La risposta è IL MARKETING STRATEGICO!
Le persone, in particolar modo per gli acquisti importanti della loro vita, non acquistano in modo razionale, ma acquistano in modo emotivo. Tutti gli acquisti che ognuno di noi fa servono per legittimare a noi stessi l’idea che abbiamo di noi e comunicare alla nostra cerchia di influenza la nostra personalità attraverso le cose che possediamo.
È il caso anche della borsa firmata che la tua dolce metà ti ha chiesto? Risposta: Sì.
Come farebbero altrimenti le nostre donne a vantarsene con le proprie amiche?
Le commodity
Quando un prodotto non possiede i connotati del brand, la motivazione all’acquisto è di solito guidata dal bisogno.
Prodotti così si trovano, identici fra loro e spesso con prezzi quasi uguali, in diversi dei tanti negozi che troviamo facendo una passeggiata qualunque. Cosa spinge il cliente a comprare nel negozio Pincopallo o in quello Vattelapesca?
La prima volta, magari solo il caso, ma per farlo tornare conta l’esperienza di acquisto che il cliente ha vissuto.
Quindi, se non vendete prodotti che si acquistano anche per l’emozione che si portano addosso, emozionate il cliente con un’accoglienza e una professionalità impeccabili.
“Quindi mi stai dicendo che i prodotti di marca sono migliori dei prodotti commodity?” dirai tu. No, non necessariamente, rispondo io, ma agli occhi del consumatore hanno più valore perché il marketing li ha caricati di quel “valore emotivo” che i prodotti non di marca non hanno.
La situazione attuale del settore in Italia ed i punti di SVANTAGGIO di chi possiede un punto vendita offline (esempio di negozio plurimarca).
Acquisto di una parte dell’intera collezione.
Supponiamo il punto vendita sia rivenditore autorizzato, che so, di 10 marchi, per ogni marchio il commerciante è costretto ad effettuare un minimo d’ordine e quindi deve avere ben chiaro quali potrebbero essere le previsioni di vendita della prossima collezione.
Inoltre in fase di acquisto, su un totale di 50 modelli della collezione, prodotti da ogni azienda, il commerciante ne acquista 10/15 in base AI SUOI GUSTI ed in base a quelle che possono essere le tendenze ed i look che, sempre secondo le sue sensazioni, si venderanno nella determinata zona in cui lui opera. Se ha sbagliato la scelta dei capi selezionati toccherà venderli a saldo (sperando che gli riesca).
Merce sempre a disposizione.
Solitamente le aziende produttrici chiedono un metodo di pagamento a vista o a 30/60/90 giorni, quindi succede che il commerciante ha davanti ai suoi occhi soldi in merce e mai o quasi mai liquidi.
Tra invenduto della vecchia collezione e l’acquisto della nuova parliamo di migliaia di €uro.
Purtroppo non potrebbe essere diversamente, cosa succederebbe se un cliente entra nel negozio e non lo trova approvvigionato di merce? Torna in un altro momento o va alla ricerca di altro?
Gestione del magazzino.
Mamma mia che caos! Acquistata la merce va caricata su un gestionale interno al negozio, questo aiuterebbe (uso il condizionale perché non tutti ne posseggono uno e se lo possiedono non lo usano o lo usano male) ad avere perennemente la situazione sotto controllo in termini di prezzi di acquisto, prezzi di vendita e quindi rotazione, ed una serie di altre statistiche utili per il Marketing a Risposta Diretta ed indispensabili se si vuole sopravvivere.
Spese di mantenimento.
Sembrano informazioni scontate ed ormai sotto gli occhi di tutti, ma parliamone. Prendiamo come esempio un punto vendita presente in una Città di 100 mila abitanti. Tra spese per l’affitto di un locale situato in centro, utenze varie ecc.. si arriva facilmente (minimo) ad un paio di millini al mese. Poi ci si spaventa nel conoscere i budget necessarie per spuntarla con le vendite online, ma questa è un’altra storia…
Commessi che Vendono.
Qui ci sarebbe da scrivere un libro (forse lo farò) mi limito ad alcune considerazioni. I clienti in genere si abituano ad essere serviti dagli stessi commessi, mentre la filosofia spesso utilizzata da chi possiede un negozio è quella di assumere commessi per un determinato periodo e senza una Formazione con la F maiuscola, senza un sistema premiante per il commesso, te ne parlerò di seguito.
Dall’altra parte chi intraprende questo tipo di lavoro ha come massimo obiettivo quello di prendersi qualche centinaio di euro a fine mese, limitandosi a mettere sugli scaffali la merce ed ad indicare al potenziale acquirente dove si trovano le gonne, magari in maniera scazzata.
NO BUONO.
Forse un tempo questo era possibile, oggi non lo è più.
Competitor ONLINE.
Questa è la parte che congiunge l’imprenditore commerciante con l’imprenditore titolare dell’azienda produttrice del marchio.
Cosa sta succedendo? In pratica molte aziende produttrici distribuiscono su tutto il territorio i propri capi nei vari punti vendita plurimarca autorizzati, allo stesso tempo possiedono un proprio e-commerce per la vendita diretta, inoltre concedono la vendita di questi prodotti su marketplace, magari a prezzi più competitivi rispetto a quelli presenti nei punti vendita.
In questo modo i potenziali clienti “sempre più attenti al mondo del web” hanno la possibilità di provare il prodotto nei negozi e successivamente acquistare online a prezzi più competitivi. Tutto questo manda letteralmente in confusione sia le aziende produttrici, sia il negoziante.
Ok Vito, ma tutto sto pippone per dire cosa?
Se possiedi un negozio.
Per ripetere nuovamente e con sempre più forza che il modo di acquistare sta cambiando, che sempre più persone acquistano online, chiedono pareri sul prodotto che hanno intenzione di acquistare, lasciano recensioni relativamente alla propria esperienza d’acquisto, condividono le loro preferenze sui social.
L’unica vera arma che possiedi per tenere testa al mondo del web sta nel non tralasciare aspetti importantissimi come la formazione tua e del tuo personale in ambito marketing ed i rapporti con le persone, è rimasta l’unica arma a tuo favore e devi saperla sfruttare al massimo.
Ho sempre pensato che nei punti vendita, come in ogni lavoro, i problemi personali devono essere lasciati fuori, quando le serrande sia alzano è come se si aprisse il sipario del Teatro. Serve trasferire ai clienti che varcano la soglia la freschezza e la voglia di servirli al meglio. Per poterlo fare tutti devono metterci il proprio impegno, diversamente non è possibile. Serve cominciare dalle basi, un commesso che accoglie i clienti con un sorriso, presentandosi e magari offrendo un caffè o un cioccolatino ha sicuramente un impatto più caloroso rispetto ad uno che si limita ad alzare lo sguardo mentre chatta su whatsapp.
D’altro canto chi dirige il punto vendita deve essere attento alle esigenze di chi lo circonda, motivandolo e incentivandolo economicamente, portarlo a conoscenza di quelli che sono i valori personali, la mission, l’identità aziendale. Fare Team Building.
Non è semplice creare una visibilità web se mancano le basi offline, il tuo spazio web, spesso, non è altro che l’amplificazione di quello che la tua azienda rappresenta all’interno delle mura lavorative.
Se sei titolare di azienda e possiedi un Brand.
Per dirti che i grossisti, i punti vendita, gli agenti che distribuiscono il tuo prodotto, i punti vendita monomarca della tua azienda e la vendita online necessitano di una STRATEGIA BEN PRECISA per poter continuare a rimanere in auge.
Non puoi più permetterti di non tenere in forte considerazione il parere di chi è in prima linea e propone la VENDITA del tuo prodotto. Devi organizzare incontri periodici con i negozianti, ascoltare attentamente quali sono le loro impressioni e farne tesoro. Magari come nella serie TV Boss in incognito.
Non sperperare tutto il budget in sistemi pubblicitari d’immagine (vedi sopra), oggi a differenza di ieri hai a disposizione il web, sfruttalo! I Social Media ad esempio, pur non avendo a disposizione ampi budget, con i giusti investimenti consente di avere ritorni tangibili e misurabili già da subito con la giusta strategia.
Un altro esempio possiamo farlo con il Blog, puoi creare un piano editoriale e comunicare direttamente al Target a cui il tuo Brand fa riferimento e grazie ai Social come Facebook, Twitter, Youtube, Linkedin, Instagram ed altri Social Media, condividere i tuoi articoli ed interagire direttamente con il cliente finale.
Hai inoltre la possibilità di scoprire “grazie a tool specifici” la reputazione on line del tuo Brand e dei tuoi concorrenti, oltre ad una serie di altre tecniche che non sto qui a scriverti, non ti piacerebbe?
CONCLUSIONE
Se desideri investire in un tuo e-commerce, o lo hai già fatto, ti sarai sicuramente reso conto del fatto che puoi scontrarti con colossi mondiali come Amazon, Zalando e tanti altri, quindi la soglia d’ingresso si è notevolmente alzata e il sito creato dal cugino o dal vicino di casa non porta risultati.
Serve una strategia più ampia, una visione d’insieme rispetto alla parte strategica ed una rispetto alla parte operativa, se continui a guardare gli strumenti di marketing a comparti stagni, non avrai mai ben chiara la visione d’insieme, che è poi quella che ti permette di capire su cosa puntare, con quali obbiettivi e con quali budget.
Serve che tu cominci ad utilizzare sistemi di marketing che aiutino ad aumentare le vendite già da subito. Magari, come mi sforzo nel dire ormai da una decina di anni, comincia con raccogliere i dati di chi già frequenta i tuoi punti vendita o la tua azienda se operi nel B2B, in modo da poter comunicare con loro in maniera continuativa. Vedo ancora non sfruttato il flusso di gente nei negozi e le visite di agenti, vedo ancora il gestionale utilizzato unicamente per caricare e scaricare la merce, quando grazie alle informazioni che si potrebbero ottenere nell’acquisizione di questi dati permetterebbe di aumentare le vendite attraverso un mix di offerte e content palleggiando la comunicazione tra l’offline e l’online.
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