Dolce & Gabbana e la pubblicità della discordia con la Cina è sicuramente uno degli argomenti che sta monopolizzando la discussione nel mondo della comunicazione a causa delle accuse di sessismo e razzismo.
Le opinioni sono tante: ovviamente c’è chi lo reputa un’abile operazione di marketing per aumentare l’hype del brand, c’è chi lo reputa una caduta di stile bella grossa e chi, addirittura, ci vede un intreccio di precari equilibri geopolitici.
La verità sta nel mezzo o siamo davanti a una defiance che D&G pagherà davvero cara?
Forse sì, forse no: vediamo cosa è successo per capire di più e come si è articolata questa moderna tragedia in 3 atti.
Atto primo: il fattaccio, ovvero la campagna Dolce & Gabbana in Cina
La settimana scorsa il brand nostrano campione del lusso aveva lanciato sui vari social cinesi delle campagne video per celebrare e promuovere la sua partecipazione a una super sfilata a Shangai, The Great Show.
I video, secondo Dolce & Gabbana, dovevano celebrare l’unione di Italia e Cina, entrambe patrie di antiche culture.
Il filmato incriminato ha come protagonista una ragazza cinese, vestita in abiti orientali e che, sempre in un contesto orientale, si ritrova a mangiare dell’ottimo cibo italiano con delle poco pratiche bacchette istruita da una voce maschile che parla in, rigorosamente, in cinese.
Anche se non è ben chiaro come questa idea potesse celebrare l’unione tra due culture (mangiare la pizza con le bacchette non è proprio un simbolo di cultural mix ben riuscito), la pietra dello scandalo è stata una scena in particolare, ovvero quella in cui la ragazza si appresta ad assaggiare un cannolo usando le bacchette; l’operazione, chiaramente fallimentare, viene commentata dalla voce maschile con un ironico: “è troppo grande per te?”.
Vuoi la malizia dettata dalla presenza del cannolo (manco alle medie così, comunque), vuoi la voce dal tono patronising, la campagna è stata accusata di maschilismo e razzismo e si è quasi sfiorato l’incidente diplomatico.
La Cina, in men che non si dica, ha bandito il brand dal paese e dai suoi e-commerce; la super sfilata, manco a dirlo, non è stata fatta.
Secondo atto: la tragica comunicazione su Instagram di (Dolce &) Gabbana
Molto spesso, in ambiente fashion, è la personalità del creatore del brand che fa la differenza (ne abbiamo parlato in questo articolo quasi premonitore di qualche settimana fa), ma è chiaro che questa sia una strategia che può rivelarsi un’arma a doppio taglio.
Dopo il delirio e la disfatta della campagna video, infatti, Stefano Gabbana (già famoso per varie e sterili polemiche che lo hanno visto contrapposto a celebrità del calibro di Chiara Ferragni su argomenti come il bodyshaming) ha deciso di commentare la notizia sul suo canale Instagram.

L’hackeraggio del profilo di Gabbana
Sostanzialmente è riuscito a insultare la Cina, i cinesi e la loro cultura in vari modi: da paese di merda a mangiacani, Gabbana è riuscito a peggiorare una situazione già disastrosa.
Attenzione però: dopo che questa super shit-storm è stata imbastita, arriva il comunicato che ha lasciato tutti perplessi in cui lo stilista informa di essere stato vittima di un hackeraggio, cosa che lo scagiona dai disastrosi post a lui attribuiti.
Crederci o non crederci, questo è il dilemma.
Attor terzo: le scuse più imbarazzanti mai viste sulla faccia della terra
Non paghi di aver combinato un disastro (comunicativo ed economico), Dolce & Gabbana decidono di fare un video di scuse nei confronti della Cina.

Le scuse dei due stilisti. Bene, ma non benissimo
Il video, rigorosamente in italiano e sottotitolato, vede i due stilisti seduti a un tavolo e alternarsi in quelle che sono le scuse più nonsense di sempre che culmina con una frase dal dubbio gusto che suona così: “ci scusiamo con i cinesi perché sono tanti”.
Cala il sipario.
Considerazioni sul caso
Da un lato (e lo dico sinceramente), vorrei poter scrivere qualcosa in difesa di Dolce & Gabbana: il brand, infatti, ha sempre portato avanti una comunicazione abbastanza audace e spregiudicata e ha sempre giocato su fattori come malizia e detto non detto.
Per dirne una, come dimenticare la famosa campagna D&G Time in cui protagonista indiscusso era un peto causato da un abuso di fagioli?
Gli inglesi chiamerebbero questo modo di comunicare edgy e, per quando mi riguarda, la campagna video con cannolo dello scandalo poteva anche essere compresa in questo stile comunicativo che ha fatto la fortuna del brand.
Era coerente con la loro identità (provocatoria e maliziosa) e, a seconda dei gusti, poteva addirittura strappare un sorriso.
Quello che non è andato assolutamente bene è la gestione della crisi che ha davvero rasentato il grottesco.
Dolce & Gabbana, prima di essere due individui distinti e pensanti, sono uno dei brand più famosi del mondo e non ha di certo la possibilità di lasciarsi andare a leggerezze simili. Se da un lato abbiamo uno Stefano Gabbana (o il suo hacker, certo) aggressivo e delirante con i suoi post video, nel filmato di scuse i due sembrano impacciati e svogliati (e senza la minima idea di cosa dire e come).
Consigli per la prossima, inevitabile, shit-storm
Certe cose ci si augura non capitino più, ma quando si fa una comunicazione irriverente è inevitabile che si ripropongano.
Il caso Dolce & Gabbana in Cina potrebbe essere il primo di una lunga serie e se i due stilisti decideranno di affrontare così ogni avversità, farebbero prima a vendere l’azienda e vivere di rendita.
Nel caso succedesse, però, voglio lasciare qualche consiglio di buona gestione delle emergenze:
- Evitare di portare la discussione a livelli grotteschi, ci si fa solo una pessima figura
- Rimanere quanto più possibile coerenti con il proprio Tone of Voice e identità aziendale
- Cercare di evitare di offendere ripetutamente i propri detrattori
- Pensare prima di fare qualunque cosa
Noi, comunque, rimaniamo pronti per un eventuale quarto atto.