Quando si parla dei trend degli ultimi anni tutti sono unanimi su una cosa e una cosa sola: il food (perché comunque dire “cibo” sarebbe poco da marketing expert) è un settore che può ancora dare tante, tantissime, soddisfazioni.
L’ascesa del Food: galeotto fu Masterchef
La nostra ossessione per tutto ciò che è commestibile è iniziata, forse, quando Masterchef, il famoso programma di cucina, è arrivato sui nostri schermi e ci ha insegnato a sfilettare, a brasare e a sapere cosa volesse dire “sapido”. In un certo senso, ci ha educati ai gusti della nostra cucina e ci ha fatto appassionare a qualcosa che prima davamo un po’ per scontato. Ci è riuscito usando un talent TV che è, a suo modo, un brand: la cucina di Masterchef, il grembiule di Masterchef, ma soprattutto con i giudici di Mastrchef, ovvero eccellenze della ristorazione che decidono di darsi a un self branding sfrenato e illimitato.
È da quel punto preciso che tutti abbiamo iniziato a badare alla mise en place dei nostri piatti e a postarne foto su qualsiasi piattaforma social a nostra disposizione.
Insomma, che siano media vecchi o media nuovi, il food rimane sempre protagonista dei nostri pensieri e del nostro intrattenimento.
La PMI invade il settore del Food
Il food, però, risulta essere anche un campo imprenditoriale fertile per tutti coloro che hanno un’idea culinaria da portare avanti.
Avete notato come, negli ultimi anni, ci sia stato un proliferare di locali specializzati in tante cucine diverse?
Vegano, pesce, hamburger, pizza, ramen e chi più ne ha, più ne metta: di qualsiasi cosa tu abbia voglia, troverai sempre un ristorante pronto ad accoglierti.
Spostandosi in giro per l’Italia si trovano tanti locali che, per un motivo o per un altro, si assomigliano tra loro e che riescono a spuntarla per eccellenza e qualità nonostante tutto.
Questa tendenza si nota in particolare quando si parla di reinterpretare street food o cibo veloce.
Così come le birre artigianali si stanno imponendo sul mercato a discapito di quelle industriali (scusa Ceres), lo stesso sta accadendo per il settore degli hamburger.
Nell’immaginario collettivo, infatti, si sta facendo sempre più spazio l’idea di hamburger sofisticato ben lontano dal concetto a cui le catene di fast food ci hanno abituati per anni.
Sono hamburger gourmet, composti dagli ingredienti più freschi e genuini che si possano trovare sul mercato e, soprattutto, preparate da mani esperte e capaci che, ogni tanto, si assicurano di cambiare l’olio di frittura.
A Roma, solo nella zona in cui abito ci sono 3 realtà di questo tipo e, ve lo assicuro, tutte vanno a gonfie vele: ognuna, infatti, è riuscita a ritagliarsi una piccola fetta di mercato specializzandosi su un effetto collaterale diverso.
È proprio questo fattore differenziale a rendere ciascuno di questi locali unico, senza risultare la copia carbone degli altri.
Il caso di Hopside
Hopside è una hamburgeria romana nata del 2012.
L’idea di base non è solo quella di servire birre e hamburger, ma di realizzare sia gli uni che gli altri con le proprie mani, portando nella tavola dei clienti anche qualcosa di nuovo ed “esotico” che non sia la solita aletta di pollo fritta: nel loro menù, infatti, si possono trovare anche piatti della tradizione asiatica che soddisferanno i palati dei più curiosi.
Ma perché Hopside risulta essere un cavallo vincente e, soprattutto, perché risulta essere un brand?
Brand Identity
Hopside, dopo la prima volta che vi ci si è stati, risulta un locale particolarmente riconoscibile e con una identità sua: la passione per ciò che è buon e gustoso è evidente, ma quello che possiamo considerare come marchio di fabbrica è la possibilità di creare la propria birra (oltre alla possibilità di creare un hamburger unico con gli ingredienti messi a disposizone)
Vi è un vero e proprio laboratorio aperto agli esperti e ai neofiti in cui tutti possono farsi una cultura sull’arte del brewing.
Se da un lato, quindi, troviamo la voglia di servire ottimo e genuino cibo, dall’altro troviamo la voglia di divulgare ed educare il pubblico, di coinvolgere appassionati e non in un aspetto del bere birra decisamente insolito.
Questa mossa, poi, risulta particolarmente azzeccata in termini di target: i giovani tra i 20 e i 35 anni sembrano star riscoprendo le gioie del Do It Youself e di voler fare qualcosa con le proprie mani.
Soddisfare, quindi, sia la sete di conoscenza che quella effettiva di birra.
Visual Identity
Anche dal punto di vista della Visual Identity Hopside non delude le aspettative, risultando coerente con tutto.
Il logo è composto da scritta e grafica, dove il disegno altro non è che una spillatrice di birra.
Il locale risulta un po’ retrò e scanzonato: sedie diversi, tavoli in legno e un bancone immenso.
Tutto è casual e adatto per il target a cui il ristorante si rivolge: gli amanti della birra potranno gustare le loro pinte in un luogo che sembra un pub fuori dal comune e chi, invece, è alla ricerca di un posto chic in cui mangiare cibo semplice verrà comunque accontentato.
Il pezzo forte della Visual Identity di Hopside è, senza dubbio il menù: disegnato con cura, la sua estetica è molto urbana, tanto che in copertina troviamo una mappa del quartiere in cui è situato il locale. Le pietanze sono disegnate e il font sembra ricordare tanto quello di uno studio di tatuaggi.
È coerente con l’ambiente un po’ chic un po’ alternativo? Assolutamente sì!
Verbal Identity
Sempre nel menu possiamo notare come la scelta delle parole da usare non sia casuale: i clienti, infatti, possono personalizzare qualsiasi elemento del menù, aggiungendo e caricando la loro pietanza come desiderano.
La scelta di chiamare ogni sezione Pimp my X è un richiamo alla cultura del target di riferimento (Millennials e Gen X, probabilmente), stuzzicando, sì, la loro voglia di creare quello che desiderano da soli e in autonomia, ma, soprattutto, ricordandogli Pimp My Ride, il celebre programma di MTV in cui automobili comuni venivano trasformate in veri pezzi unici.
Un menù che diventa una vera dichiarazione di intenti, se ci si pensa.
Da notare anche la scelta del nome Hopside: hop in inglese vuol dire luppolo e questo è l’ennesimo dettaglio azzeccato che contribuisce a creare un’identità solida e super riconoscibile.
Perché funziona?
Hopside funziona perché unisce e interiorizza tanti fattori che, oggigiorno, sono importantissimi quando si parla di ristorazione.
Considerando che il mondo è pieno di posti che fanno buoni hamburger, Hopside è riuscito a trovare il modo per posizionarsi nella testa dei suoi clienti e a farli tornare ai propri tavoli grazie a 3 importanti fattori:
- il cibo di ottima qualità
- un ambiente e uno stile che è in linea con quello che il target si aspetta
- il saper cavalcare le tendenze del momento come il DIY
Insomma, Hopside si conferma un brand vero che riesce a conquistare gli stomaci dei suoi clienti con astuzia e coerenza.
E non siamo solo noi a dirlo: nel 2015 è stato inserito nella guida di Gambero Rosso che, come Cracco ci insegna, è una buona cosa.
Vuoi iniziare la tua avventura nel food?
Prendi esempio da questa meravigliosa realtà romana e, soprattutto, contattaci: renderemo il tuo locale il brand che tutti invidiano.