Instant marketing VS branding: Social Engagement e fatturato vanno di pari passo?
Quando ho iniziato a occuparmi di web marketing (nello specifico di social media e di scrittura di copy), ero ossessionata dal pensiero di fare il colpaccio, ovvero di realizzare quel post che, grazie a un mix di sagacia, tempismo e fortuna avrebbe portato al successo le aziende per cui lavoravo.
Insomma, un’idea della comunicazione figlia di Mad Men e del famoso pitch sul carosello Kodak (buonanima).
I miei punti di riferimento da novellina del mondo del web erano principalmente 2: Ceres e Taffo, i re del viral e dell’instant marketing che incarnavano esattamente lo spirito che cercavo.
Erano irriverenti, erano divertenti e facevano parlare di sé: chi mai avrebbe dato così tanto risalto a un’agenzia funebre su Facebook se non fosse stato per quello black humor disarmante?
Ma, si sa, le cose non sono mai quello che sembrano.
Instant marketing: l’altro lato della medaglia
In uno dei tanti gruppi su Facebook dedicati all’argomento social, infatti, lessi un interessante post in cui si parlava del target di riferimento delle inserzioni di Taffo.
Non si trattava di persone che avevano vissuto lutti recentissimi (ammesso che esista il modo di targettizzarle su Facebook) e non si trattava neanche di persone vicine geograficamente all’azienda.
No, signori e signore, non si tratta di quelle categorie che, a rigor di logica, avrebbero dovuto essere interessate nei servizi dell’agenzia funebre, ma si tratta di addetti ai lavori del mondo del web marketing a cui, mi auguro, non capiti spesso di cercare servizi del genere.
Ora, quale può essere il motivo per cui un’azienda che non si occupa di comunicazione targettizza sistematicamente gente del settore?
Vanità? Far vedere quanto sono bravi? L’importante è che se ne parli?
Se questa domanda rimane senza una risposta, c’è un altro arcano che non riusciremo mai a svelare: quanto questa strategia aiuta a vendere bare e/o corone di fiori?
Per il caso Taffo non abbiamo una risposta precisa (loro se la porteranno nella tomba e noi moriremo col dubbio), ma qualcosa che può aiutarci a capire arriva dal fronte Ceres.
Ceres e Instant Marketing: una risata che non converte
Ceres è una marca di birra danese che si è sempre contraddistinte per una comunicazione sopra le righe (vedi gli spot TV dei primi 2000) e che, sbarcando sui social, ha saputo costruire un piccolo impero di like, cuori ed emoji a suon di battute brillanti e Instant Marketing.
Se è vero che questo carattere un po’ giocoso (per non dire cazzone) e un po’ senza peli sulla lingua si addice molto al prodotto birra e ai suoi consumatori, è anche vero che la simpatia non paga troppo quando poi si vanno a vedere i dati relativi alla vendita e al consumo.

Instant marketing VS branding: Ceres non va troppo bene
Insomma, Ceres non c’è, nonostante il suo prodigarsi per risultare simpatica e attraente per un pubblico giovane e, si presume, assetato di birra.
Capite bene, cari amici, come queste classifiche non facciano che dare ragione a tutti i markettari là fuori che dicono che la creatività non paga e che alla fine dei giochi l’importante è il risultato.
È davvero così?
Dobbiamo eliminare del tutto la creatività, l’irriverenza e lo spirito leggero che contraddistingue i social in favore di call to action massicce e da cui non si scappa?
No, no no!
Dobbiamo semplicemente evitare di costruire un castello di carta basato su battute anche ben riuscite a cui, però, non viene aggiunto altro.
Con questo intendo dire che Ceres, in Italia, ha fatto il botto grazie a una gestione dei social di rottura e dirompente, non a causa della stragrande bontà della sua birra o alla forza del Brand.
La sensazione che ho io (ed è assolutamente soggettiva) è che l’azienda tutta si sia ritrovata in balia di questa gestione social di successo e si sia adagiata sugli allori, senza preoccuparsi di creare un’identità effettivamente solida e riconoscibile anche nel mondo offline.
Ceres non è quella birra buonissima che vorresti bere in riva al mare a luglio (no, quella è la Corona o sei hai meno pretese l’Ichnusa), Ceres è solo e soltanto “quella di Facebook”.
Se ci pensi, non è poi così scontato che non venda e la gente gli preferisca il classico Peroncino da assalto.
Nel mondo della birra esistono tanti esempi vincenti di birre che sono riuscite, col tempo, a costruirsi un’identità specifica e che resistano, imperturbabili, ai sobbalzi del mercato.
Un esempio può essere l’Heineken che si è posizionata come LA birra da bere durante le finali di Champions League o durante le cene con gli amici con un percorso pluridecennale.
Heineken ha saputo essere irriverente, ha saputo essere d’ispirazione e ha riconosciuto il momento giusto per cambiare direzione evitando di fossilizzarsi si una direzione sola, che, per quanto azzeccata serve solo alla gloria e non al fatturato.
Ora, accusatemi di campanilismo, ma uno splendido esempio di identità ben sviluppata con irriverenza, coerenza e modernità è lo spot dell’Ichnusa uscito questa estate.
Parla di hipster, di social e lo fa portandosi dietro tutti i suoi fattori identitari declinandoli alla perfezione.
Cosa possiamo dire, in conclusione?
Quando facciamo comunicazione dobbiamo sempre tenere in mente una cosa e una cosa sola: lo scopo di un’azienda è quello di vendere. Un’azienda che non vende, fallisce e si disintegra nel nulla.
Allo stesso tempo, dobbiamo essere capaci di andare oltre i super fruttati “clicca qui”, “guarda ora” o “compra subito” perché si sono rivelate essere formule obsolete che il cliente percepisce come mezzi di vendita e non come tentativi di interazione.
Per andare oltre il “clicca qui”, però, bisogna avere una solida impalcatura che sostenga tutto l’edificio e che non si riduca ad essere la casetta di paglia dei 3 porcellini.
Serve, insomma, una Brand Strategy che possa supportare tutti gli aspetti del marchio in egual modo: Ceres e Taffo sono bravi a creare contenuti “usa e getta”, post virali che faranno sorridere per due minuti, che poi finiranno nel dimenticatoio e che, come mostrano i dati, sicuramente non faranno lievitare le vendite.
La forza di un brand non sta in un elemento solo, ma in tutto il complesso sistema che lo compone, sia quando si parla di parole che di immagini.
Noi di movi-menti lo abbiamo sintetizzato in MY BRAND STRATEGY e magari potrebbero fare al caso tuo (e anche di Ceres).