La piramide del brand e la piramide di Maslow: come costruire una marca moderna e di successo.
Scommetto che la Piramide dei bisogni di Maslow la conosci e che, in qualche momento della tua vita, per qualche motivo, ti ha aiutato a fare qualche ragionamento.
Se non erro risale al 1954 e se è sopravvissuta per più di 60 anni in un mondo dove ciò che supera l’anno di vita è già vetusto, vuol dire che un po’ di valore ce l’ha. Semplifica senza banalizzare.
Te la ripropongo qua sotto, giusto per ricordarcela (di solito i livelli sono 5, ma lo stesso Maslow ne aggiunse qualcuno e ti ho riportato quello di Trascendenza che, secondo me, completa il tutto ed è particolarmente rilevante).
Normalmente la piramide si legge dal basso verso l’alto: prima di tutto devo mangiare e bere (bisogni fisiologici), poi trovare un posto sicuro, guadagnare stabilmente il denaro che mi serve, ecc. (bisogni di sicurezza) e così via. Mano a mano che sali aumenta la complessità: del bisogno, della sua soddisfazione e delle relazioni che presuppone.
Nella sua semplicità, la piramide di Maslow probabilmente funziona perché in una società e una civiltà che diventano sempre più complesse e caotiche rimane comunque adeguata e ci supporta nell’orientamento.
Bene, fino a qui niente di nuovo.
Ma ti propongo una prima riflessione: prova a di considerare che, invece, le modalità con le quali ci procuriamo la soddisfazione dei nostri bisogni (e cioè i nostri comportamenti), dipendono dall’ordine inverso (dall’alto verso il basso). I livelli superiori condizionano quelli sottostanti.
Intendo dire che se il tuo bisogno di trascendenza è legato alla religione musulmana piuttosto che a quella cristiana (ma anche se sei ateo), ti alimenterai secondo certi principi, costruirai una famiglia con determinate regole, ti sentirai parte di un determinato gruppo sociale e via a salire.
Eh si, se così non fosse, quando hai fame potresti uccidere il primo essere vivente che ti passa accanto e farti una tartare al volo (e così ragionavano i nostri antenati …).
Se non ci fossero delle cose che si chiamano “Valori” e delle “Norme” che li regolamentano, beh, non sapresti come comportarti nelle diverse situazioni di bisogno, oppure ti comporteresti in modo puramente istintivo (pensa cosa sarebbe l’attrazione sessuale: tutti in giro con una clava e vai con la prima persona che ti fa un po’ girare gli ormoni…).
Valori e Norme condizionano i nostri comportamenti e quindi i risultati che otteniamo.
Noi esseri umani, guarda un po’, siamo il prodotto della nostra cultura: sia la soddisfazione, che la stessa definizione dei nostri bisogni, hanno a che fare con questa parola (parolaccia per alcuni…).
LA PIRAMIDE DEL BRAND
“Ok Riccardo” mi dirai “ma il branding dove sta in tutto questo?”
“Sta, sta!”
Mai sentito parlare della Piramide del Brand?
Ne ha costruita una il mio maestro di branding preferito, Mr. JN Kapferer http://bit.ly/2LA08CT e io ci ho messo qualcosina di mio.
Te la mostro e provo a raccontartela e a svelartene il valore (e il rapporto profondo con quella di Maslow).
LA PERCEZIONE DEL BRAND
Da consumatori (in target), veniamo in contatto col brand attraverso un processo dal basso verso l’alto.
Lo incontriamo una prima volta attraverso i suoi prodotti o attraverso uno dei suoi punti di contatto: un sito, una pubblicità, una vetrina.
La prima percezione conscia che ne abbiamo è legata quasi esclusivamente all’esperienza sensoriale, al cosiddetto tangibile.
Conosciamo e impariamo a riconoscere alcuni suoi elementi specifici che, appunto, colpiscono direttamente i nostri sensi: il marchio, il prezzo, una certa forma, i colori e parallelamente, incominciamo a conoscerne ed apprezzarne vantaggi, benefici e caratteristiche tangibili. In questa fase rappresentano spesso il motivo principale per cui abbiamo scelto quel prodotto.
Nel tempo, grazie all’utilizzo del prodotto, grazie magari ad altri prodotti dello stesso brand, alla comunicazione e alle successive interazioni nei diversi punti di contatto, si costruisce la nostra relazione con la marca, con la sua personalità, con il suo modo di essere (dettato a sua volta dai suoi valori) e con la sua promessa (o il suo scopo di esistere o con la sua essenza; il significato rimane lo stesso. Articolo interessante da leggere sull’argomento, quello di Valentina Falcinelli http://bit.ly/2zW9587).
Alla percezione del tangibile si aggiunge l’esperienza dell’intangibile, quella che crea il legame affettivo.
Sceglierò quella marca perché mi ci rispecchio, la sento parte di me, mi aiuta a completare la mia identità ed a soddisfare i miei bisogni in maniera sempre nuova, unica ed eccellente; quella marca mi fa sentire bene.
Indossare una Lacoste mi fa sentire parte di un club sportivo di livello, ma aperto a tutti, esclusivo ma non convenzionale, elegante, ma attento alla funzionalità.
Il processo di costruzione della percezione del brand, nella mente e nell’animo del cliente, percorre la piramide del brand dal basso verso l’alto, dal tangibile all’intangibile.
LA COSTRUZIONE DEL BRAND
Ma io (e forse anche tu), il brand lo voglio costruire!
Da consulente o da imprenditore o da manager, poco importa. La consapevolezza che devo acquisire riguarda il processo: cosa devo fare, come lo devo fare, in quale sequenza?
Esattamente il contrario del percorso fatto dal nostro amico cliente: una marca si costruisce con un percorso dall’alto verso il basso della Piramide del Brand.
Si, il brand management deve porsi il problema di rendere coerente ogni prodotto, ogni comportamento, ogni immagine, ogni testo e insomma tutto quello che riguarda il brand, con un disegno complessivo che partendo dalla promessa del brand e dai suoi contenuti, plasmi, coerentemente con questa, tutti i livelli successivi, aggiungendo via via i valori fondamentali, la personalità, ecc.
Questo è l’unico modo di garantire forza, coerenza, unicità e riconoscibilità al brand che, lo ricordo, è un contratto di lunga durata basato su una promessa.
A scanso di equivoci, questo non vuol dire che il brand non debba possedere un prodotto che fa la differenza, anzi, esattamente il contrario. E per la sua essenza di contratto di lungo periodo, questo prodotto, la marca, deve innovarlo e migliorarlo con costanza e ossessione, per sempre.
PIRAMIDE DI MASLOW E PIRAMIDE DEL BRAND
Ed eccole una di fianco all’altra. Alla base i bisogni elementari e in cima la trascendenza, tangibile in basso e intangibile in alto.
Perché amo il branding? E perché essere brand funziona?
Perché è l’unico sistema strutturato del fare azienda costruito su tutto lo spettro dei bisogni dell’essere umano.
E oltretutto, in questo caso, il più intangibile degli asset (alla fine parliamo di un nome: il brand è un nome), diventa un asset economico che fa la differenza, anche nel bilancio (qualche settimana fa la stimatissima collega Carlotta Silvestrini ha scritto sull’argomento http://bit.ly/2JKa3nX).
E quando un brand è veramente tale (cioè sono i suoi clienti a stabilirlo e non celebrazioni autoreferenziali), significa che sta migliorando la qualità della vita delle persone che lo hanno scelto che, a loro volta, spingono il brand a migliorarsi costantemente e in questa sorta di simbiosi tutti ci guadagnano.
Il branding è il migliore e più potente sistema moderno per costruire e mantenere nel tempo la competitività di un’azienda in un contesto di salvaguardia del benessere collettivo e di sostenibilità.
LA MORTE DEL BRAND POSTIONING
Giusto per non lasciare nulla di non detto chiarisco perché il Brand Positioning tradizionale non esiste più (o almeno perché è diventato solo una parte del percorso di branding. E qui cito un altro bell’articolo, in linea e in tema, del bravo Alain Serafini http://bit.ly/2LsaKHj, per chi volesse ulteriormente approfondire).
I Brand nascono da un bisogno di riconoscimento dei beni di largo consumo in una società che industrializzandosi e globalizzandosi poneva ai produttori il problema di distinguere il detersivo mio dal detersivo tuo.
In questa fase l’elemento di differenziazione, l’USP (Unique Selling Proposition), la Reason Why, il Brand Statement o quello che ti pare, servivano a comunicare questa differenza. Il brand era esclusivamente un fatto di paragonabilità di elementi tangibili: “Il mio detersivo non è paragonabile al tuo perché solo il mio ha i pallini bianchi rossi e verdi che fanno questo, quello e quell’altro”. Siamo ai livelli più bassi delle due piramidi.
Per capirci era un po’ come quando l’uomo di Neanderthal doveva procurarsi del cibo: mica c’erano gli ambientalisti che gli spiegavano che il cervo con le corna a riccio era a rischio di estinzione. Quello che trovava lo ammazzava a colpi di clava e se lo mangiava con la sua famiglia.
Ma il mondo è diventato un luogo più complesso e i paladini del “brand positioning e basta” non se ne sono accorti. Sono rimasti un po’ “uomo di Neanderthal”.
Proprio l’industrializzazione e la globalizzazione hanno generato invece due conseguenze molto importanti:
- appiattimento di valori e perdita di identità (quelle cosine che stanno nei piani più alti della Piramide di Maslow) e quindi un nuovo, maggiore e diffuso bisogno di ritrovarli (identità e valori intendo).
- sempre maggiore difficoltà e costi nel mantenere il livello di differenziazione tangibile. Se hai inventato qualcosa che funziona io, tuo competitor, te la copio (o te la compro) e tu sei costretto a reinventare e io ti ri-copio e in questa folle corsa i costi aumentano, i margini scendono, la percezione di differenza diminuisce e i prezzi calano.
E così i brand si sono adeguati. Hanno completato la loro differenziazione e la conseguente soddisfazione di tutta la gamma dei bisogni umani, con i fattori intangibili. Diciamo che rappresentano un po’ l’Homo sapiens che, più curioso e nomade, si è evoluto ed è sopravvissuto, mentre l’uomo di Neanderthal, un po’ pigro e stanziale, si è estinto…
Non è un caso che, dalle multinazionali dei detersivi (vedi le campagne della Procter & Gamble per le diverse Olimpiadi http://bit.ly/2LBl0JT), fino a tutti i brand del lusso dove il posizionamento è esclusivamente identitario, l’intangibile sia prepotentemente entrato nella costruzione della marca e nella sua comunicazione (i piani alti delle due piramidi).
E si, quelli che, clava alla mano, si procuravano cibo e tutto il resto con metodi efficaci, ma piuttosto spicci, che oggi potrebbero funzionare solo per lo spazio di un battito d’ali, sono rimasti lì dov’erano e sono scomparsi.
Per tutti gli altri la sfida continua.
Amen.